UN VUOTO NELL’ANIMA
La mia vita che io ricordi è sempre stata un incubo: fino ai sedici anni non ho mai avuto veri amici, sempre sola e triste, così depressa che tentai anche di uccidermi.
A scuola ero vista come una povera bruttina con gli occhiali fissata con i voti, una dalla quale copiare i compiti e non da invitare da nessuna parte.
Mi sono mancati quegli amici, i pomeriggi al sole pieni di gioia e sorrisi: ero felice quando pioveva perché la pioggia e l'oscurità rispecchiavano ciò che c'era nel mio cuore. Dopo ogni giornata di scuola versavo lacrime amare, stanca di subire le peggiori angherie; ridacchiavano, bisbigliavano, ripetevano in tono derisorio le domande che ponevo ai professori o ciò che commentavo durante le lezioni. Non sono mai riuscita a capire la mia unica colpa, in fondo volevo solo andare bene a scuola! I miei genitori? Non so se fossero morti o mi avessero abbandonata. Ho sempre vissuto con una coppia, forse zii, non erano molto presenti: lei lavorava moltissimo e lui non era mai a casa, e quando tornava, spesso a notte fonda, puzzava di alcool. Non erano dei gran genitori, divorziarono quando io avevo circa sedici anni.
Non potendo più badare a me, la zia mi affidò ai servizi sociali e il tribunale decise di mandarmi in una famiglia dall'altra parte della nazione, e cosi dallo squallido quartiere di periferia traslocai nel New England presso una famiglia benestante e altolocata, i Jackson.
Ero felice, stavo per iniziare una nuova vita. L'assistente sociale mi aveva detto che mi sarei trovata bene e che la famiglia che mi avrebbe accolta non vedeva l'ora di conoscermi, avevano già due figlie: Jane mia coetanea e Maggie.
I signori Jackson erano gentili (cosa che non si poteva dire di Jane che rendeva ogni giorno la mia vita un’ inferno), ma io però ero diffidente, non abituata a tutte quelle attenzioni.
Il mio compleanno si avvicinava ed i Jackson decisero di organizzare una festa a sorpresa alla quale invitarono un po' di ragazzi e ragazze della scuola, sperando che io facessi amicizia, ma qualcosa andò storto: Jane sabotò la festa dicendomelo prima ed evitando che si presentassero gli invitati. Non davo peso ai suoi tiri mancini, ero contenta perché avrei finalmente conosciuto Maggie, la maggiore. Sarete sorpresi nel sapere che invitai anche io una persona alla festa, una ragazza che conobbi in un bar, era bellissima: alta, snella capelli scuri e occhi verdi, la dolcezza e la comprensione fatta a persona. Ci conoscemmo per caso in coda alla caffetteria dietro casa dove ero solita andare: chiacchieravamo tanto e le raccontai la mia vita a San Francisco e le mie speranze di un nuovo inizio distrutte dalla mia sorellastra. Lei mi capiva, sapeva cosa volesse dire impegnarsi negli studi ed essere derisa per questo: era la prima del suo corso, capo del comitato studentesco al college e aveva vinto numerosi premi scientifici sapeva esattamente come mi sentivo, per anni non aveva mai avuto amici, per quanto fosse circondata da persone era comunque sola al liceo.
La mattina del mio compleanno arrivò, mi svegliai, mi guardai allo specchio e mi dissi come ogni anno "beh un anno in più e non sono cambiata di una virgola" mi vestii, salutai la signora Jackson presa dalle pulizie e uscii. Era una bella giornata, il sole splendeva alto nel cielo ed io avevo un appuntamento al parco con Maggie ma lei non si presentò, l'aspettai un paio d'ore ma non la vidi arrivare, delusa me ne tornai a casa. Quando arrivai trovai tutte le luci spente, tempo di chiudere la porta accendere la luce e fui travolta da un coro di SORPRESA, rimasi a bocca aperta non tanto dalla festa ma nel notare che la figlia maggiore dei Jackson altro non era la ragazza con cui avevo passato gli ultimi giorni, l’amica che avevo invitato. Felice della mia sorpresa mi godetti la festa e Maggie fece di tutto per far si che mi rappacificassi con Jane e ci riuscì; fermandosi più del previsto perse il treno e il signor Jackson le disse di prendere la macchina. Era scoppiato un brutto temporale e quattro ore dopo la sua partenza Maggie ancora non aveva chiamato. Il signor Jackson accese la TV e sul canale regionale c'era la notizia di un grave incidente che aveva bloccato la statale est in direzione del college, dalle immagini i Jackson sembrarono riconoscere la loro macchina accartocciata... presi dall'angoscia presero il telefono per chiamare la polizia, ma non appena iniziò squillare qualcuno suonò il campanello...Ho ricordi molto confusi di quella sera e di ciò che avvenne dopo: la signora Jackson fu colta da un malore improvviso e fu ricoverata in ospedale, Jane diventò ancora più spietata nei miei confronti incolpandomi della morte di Maggie, il signor Jackson scelse il silenzio e l'alcool.
Non so cosa mi spinse a farlo: forse la disperazione della mia solitudine, l'aver perso l'unica amica che avevo, l'affetto dei genitori che non avevo mai provato prima, tentai più volte di evitare quella sensazione di essere stata IO la causa di tutti quei mali, il dolore, la morte... Alla fine cedetti al tormento e un mese dopo, in una notte di pioggia come ce ne sono tante, mi chiusi in bagno e tentai di uccidermi, non chiedetemi dettagli è troppo doloroso.
Non so bene cosa accadde dopo ma volevo a tutti i costi lasciarmi andare, la mia vita non aveva mai avuto un senso, avevo solo sofferto e causato sofferenza, altrimenti perché tutto il mondo mi odiava cosi tanto? Vedevo un via vai di persone intorno al mio letto, piangevano, leggevano, parlavano con me; persino Jane sembrava realmente afflitta! Non avevo intenzione di restare volevo andarmene per sempre, d’altronde ero sempre stata invisibile una donna senza volto e il resto del mondo non mi prestava alcuna attenzione…Una notte però accadde qualcosa di strano: sognai Maggie. Era venuta da me, bellissima come sempre, camminava e venendomi incontro mi disse di stare bene, che ora la sua famiglia aveva bisogno di me, che io avrei dovuto occuparmi di loro e della loro felicità. Mi baciò, abbracciò e svanì.
La mattina dopo mi risvegliai e iniziai a riprendermi. Qualche settimana e fui dimessa.
Maggie cambiò la mia vita, fu un'amica, una confidente, una sorella. In così poco tempo mi diede tanto, diventai adulta imparando ad essere me stessa senza vergognarmi e senza paura.
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